Conferenza Stampa al Senato della Repubblica, letto da Chiara Bersani
Buona sera.
In qualità di artiste e artisti con disabilità oggi prendiamo parola a partire da una catena di urgenze che non possono più essere silenziate. Per farlo è necessario prima contestualizzare il tempo e il luogo da cui stiamo parlando.
Quello che sta accadendo negli ultimi giorni nel mondo dello spettacolo, dopo la divulgazione degli esiti del Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo, non è un semplice cambiamento: è una frattura. Una frattura che segna con nettezza la distanza tra chi ha accesso agli strumenti per lavorare e chi ne viene privato, chi ha diritto a esistere sulla scena artistica e chi no. Con le recentissime scelte delle commissioni ministeriali viene messa in discussione la sopravvivenza di quelle realtà che negli anni hanno sostenuto la ricerca contemporanea, realtà che hanno spesso lavorato da posizioni marginali per costruire visioni alternative nei territori più fragili, dialogando con artiste e artisti esclusi dai grandi circuiti mainstream. In questo contesto, culturalmente fertile e finanziariamente arido, artiste e artisti con disabilità hanno iniziato a muovere i primi, difficilissimi passi. Siamo una generazione scarna, affaticata, che solo grazie ai sostegni di altri paesi europei è riuscita a formarsi ed avviare progetti riconosciuti sul piano internazionale ma che oggi, pur avendo visione, competenza e desiderio, non riesce ad accedere agli strumenti minimi per poter lavorare e creare pensiero, arte ed economie.
Non si può decidere di fare a meno di noi, cittadine e cittadini con diritto di voto ed espressione, con competenze ed esperienze fondamentali allo sviluppo della cultura del nostro paese. Ma per essere persone attive nell’agire sociale, politico e lavorativo, necessitiamo di almeno due garanzie: poter accedere alla formazione e poter agire in ambienti lavorativi accessibili.
Queste prerogative minime non sono negoziabili, sono diritti disciplinati da leggi.
È evidente quanto sia oramai necessario ristrutturare il modo di pensare l’intero sistema artistico, dalle accademie alle produzioni, affinché venga ampliato il range di identità e corpi che possano fruirne in modo sistemico e non attraverso maldestri tentativi riparatori. Attualmente l’esclusione inizia dalla possibilità di accedere o meno ad un programma di formazione. La maggior parte delle accademie e delle scuole d’arte non sono accessibili per le architetture e per la preparazione del corpo docenti, ancora non adatta a valorizzare l’espressività di studenti e studentesse con disabilità. Questo genera il primo strappo anche all’interno della comunità disabile: chi può permetterselo per economie e autonomia prova a formarsi all’estero, per tutte le altre persone resta solo la fortuna di trovare o meno esperienze formative non istituzionali, e quindi non riconosciute – molte delle quali fornite esattamente da quelle realtà sopracitate che sono state declassate, e quindi private di forze ed economie, dalle nuove graduatorie ministeriali.
Se oggi un giovane artista disabile ci chiedesse dove possa formarsi come danzatore, cantante o attrice/attore noi, con il cuore spezzato e un profondo imbarazzo, non sapremmo rispondere.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro: le Open Call, i bandi e le selezioni pubbliche sono spesso inaccessibili. Non basta aprire una call “a tutte e tutti” se poi il linguaggio, i tempi o le modalità escludono sistematicamente chi ha esigenze diverse. A tal proposito Al.Di.Qua.Artist, in qualità di associazione di categoria, assieme ad altri soggetti sociali, da cinque anni ha aperto un tavolo di lavoro per richiedere e intelligentemente organizzare un fondo dedicato alle artiste e agli artisti con disabilità. Il fondo dovrebbe coprire i costi che si aggravano sulle nostre carriere durante i momenti di tournée, produzione e prove, a causa di un sistema che ancora non ha saputo abbattere barriere architettoniche, culturali e sensoriali. Costi che rendono asimmetrici i nostri percorsi di crescita professionale rispetto a quelli delle nostre colleghe e colleghi.
Da tre anni il Ministero della Cultura promuove un avviso pubblico che tuttavia continua a rivelarsi fortemente sganciato dalle nostre esperienze incarnate e dalle realtà lavorative in cui agiamo. L’avviso richiede velocità, produttività e competitività, progetti misurati prevalentemente con indicatori quantitativi mentre le nostre esperienze incarnate chiedono lentezza, tempi di riposo, sostegno reciproco. Chiediamo quindi che le open call scritte sui nostri corpi siano monitorate e valutate da esperti competenti, altrimenti questo avviso, come altri, risulta impraticabile per la stragrande maggioranza dei soggetti ai quali dichiara di rivolgersi, mostrandosi inadeguato ad agire sul gap economico e culturale che dovrebbe ridimensionare.
Nel fortunato caso in cui un artista disabile riesca ad accedere alla selezione per un progetto lavorativo, continuerà a rimanere una figura professionale economicamente non competitiva. I costi di assistenza personale e messa in accessibilità di sala prove, camerini e alloggi, restano scoperti e quindi destinati a ricadere o sul lavoratore o sulla produzione che inevitabilmente sceglierà un profilo meno “richiedente”.
Ulteriore problema è l’irrisoria soglia di reddito annuo oltre la quale una persona perde il diritto a ricevere la pensione d’invalidità o la vede ridimensionata. Questo sistema non tiene conto della natura intermittente del lavoro artistico e quindi della difficoltà ad avere un reddito stabile. Sono in tante le persone tra noi che rinunciano a lavorare perché un progetto artistico che si compie quest’anno verosimilmente non si estenderà al successivo e quindi il rischio di trovarci a non avere in un futuro prossimo né un lavoro né una pensione è troppo alto.
Per tutte queste ragioni oggi siamo qui a chiedere una serie di impegni concreti e immediati:
– Chiediamo la messa in accessibilità dei programmi di formazione delle accademie e preparazione degli insegnanti a pratiche e metodologie inclusive finalizzate a promuovere una cultura accessibile e antidiscriminatoria fin dai primi stadi dell’educazione artistica.
– Chiediamo la rimozione delle barriere architettoniche, sensoriali e culturali in tutti gli ambiti dello spettacolo e lungo l’intera filiera professionale dalla formazione alla produzione e distribuzione artistica, per garantire l’accesso professionale di artisti con disabilità in tutti gli ambiti dello spettacolo.
– Chiediamo l’istituzione di un fondo dedicato che copra i costi di accessibilità necessari a garantire autonomia ed eque condizioni professionali nelle fasi di produzione e tournée.
Parliamo della copertura economica del lavoro di assistenza personale, di interpretariato LIS, degli alberghi accessibili, dei mezzi di trasporto consoni ecc.
– Chiediamo la messa in accessibilità di tutte le Open Call di settore
– Chiediamo la rivalutazione delle norme sul limite di reddito che fanno decadere la pensione di invalidità alla luce della natura intermittente del lavoro artistico
Noi oggi siamo qui perché abbiamo bisogno di essere viste e che con noi venga vista la complessità della nostra situazione lavorativa.
A chi dice che i tempi sono difficili, che le priorità sono altre, che bisogna aspettare, rispondiamo che noi siamo vive adesso e il tempo dell’attesa non può essere il nostro. Noi non abbiamo più tempo!
Perché mentre si aspetta, si invecchia fuori dalla scena.
Mentre si aspetta si diventa adulti senza aver avuto la possibilità di formarsi.
Mentre si aspetta si spegne il diritto di immaginare un futuro.
Mentre aspettava, qualcuno tra noi, è morto.
Il lavoro nello spettacolo non può essere considerato un privilegio o un passatempo altrimenti la qualità sarà sempre più infima, la pluralità annullata e la riflessione collettiva impoverita.
Oggi, qui, noi parliamo di cittadinanza, identità e diritto.
Ed è responsabilità della politica creare e garantire le condizioni necessarie affinché nessuna persona sia costretto a scegliere tra ricevere un sostegno per l’assistenza o poter vivere un’esperienza lavorativa.
Per questo oggi, in questa sede, chiediamo alla politica di assumersi un impegno pubblico serio e lungimirante in sostegno e tutela delle lavoratrici e dei lavoratori dello spettacolo con disabilità.
E chiediamo che il Governo si esprima chiaramente su quali risorse intende mettere in campo per garantire pari opportunità a chi lavora nello spettacolo e vive con disabilità.
La storia che stiamo scrivendo non ci rende fonte di ispirazione ma soggetti attivi di una battaglia collettiva per i nostri diritti.
Grazie, Al.Di.Qua.Artists
3 luglio 2025