Ottobre 2024

Costruire nuovi mondi. Una tensione necessaria

Come far scaturire trasformazioni che possano condurre a un assetto più armonico e sostenibile tra ambiente e società?

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Da dove scaturisce la tensione necessaria per individuare e intraprendere le trasformazioni che possono condurre a un assetto più armonico e sostenibile tra ambiente e società?

Di solito vengono evocate due “driving forces”: le architetture istituzionali – che con i loro assetti formali e modelli di gestione infrastrutturano gli apporti diversi da altrettanto variegate collettività – e la dimensione di senso – che con i suoi apparati culturali e ideologici agisce sui fattori motivazionali e di desiderio senza i quali la sola razionalità non basterebbe.

Saldare questi due elementi è – potremmo dire da sempre – l’obiettivo di chi alimenta il cambiamento e a tal proposito esiste un terzo fattore che può fare da collante, anche se forse non è stato fin qui adeguatamente riconosciuto e valorizzato.

Si potrebbe definire come esercizio di ruolo, ovvero la capacità da parte di persone singole o associate di assumere disposizioni (posture) e di mettere in atto comportamenti che in modo consapevole fanno proprie le architetture istituzionali e, al tempo stesso, riproducono la dimensione di senso. E questo fare in qualche modo coordinato rispetto agli assetti esistenti, contribuisce ad adattare e modificare questi ultimi, sia nei loro impianti formali che nello scopo.

Rispetto a questo esercizio – che in termini più superficiali viene codificato (e regolato) come role playing ma che più in profondità si riconnette ad archetipi culturali – il contributo dell’opera di Ian Cheng “Fare mondi. Vademecum per emissari” appare al tempo stesso originale e decisivo.

L’originalità consiste soprattutto nel punto di osservazione assunto dall’autore che, a proposito di ruoli, si colloca nella dimensione artistica filtrata attraverso un’applicazione – quella del game designer – tanto rilevante quanto ancora fin poco soppesata in termini di capacità trasformativa.

Sembra ancora mancare infatti, soprattutto in determinati strati sociali e generazionali, la percezione, più che la conoscenza in sé, di quanto la gamification sia – e non solo grazie alle risorse del digitale – un potente strumento per costruire mondi (worldling).

Il contributo decisivo consiste invece, da un lato, nel considerare il “mondificare” come un’attività e una disposizione intrinsecamente umana non riconducibile solo realizzazioni grandi e complesse, ma a opere che sostanziano il proprio progetto di vita.

Dall’altra Cheng individua e descrive le caratteristiche e le interazioni tra quattro “maschere” – direttore, fumettista, hacker ed emissario – che, di nuovo, non è difficile ricondurre a ruoli e funzioni e, al tempo stesso, a elementi fondativi della personalità, in particolare rispetto alle sue modalità relazionali.

Tra le diverse maschere quella che assume una rilevanza particolare è quella dell’emissario, soprattutto per quanto riguarda uno specifico orientamento, ovvero “dare il là” al mondo in costruzione consentendogli di assumere quella vita autonoma senza la quale non potrebbe essere considerato tale.

Non è difficile riconoscere in questa peculiarità dell’emissario una fase chiave, e critica, che riguarda molto spesso i percorsi istituenti e di cambiamento organizzativo, come quelli che hanno caratterizzato in questi ultimi decenni gli enti “terzi” – associativi, volontaristici, d’imprenditoria sociale – rispetto allo Stato e al mercato. L’emissario è una maschera che è in grado di restituire il mondo nel suo insieme, ma al tempo stesso se ne deve ritrarre affinché questo possa effettivamente realizzarsi.

E tutto ciò dovrebbe avvenire non solo in corrispondenza di fasi straordinarie (ad esempio l’avvio o la rifondazione) ma anche in tappe ricorrenti del ciclo di vita, perché a questi mondi è richiesto di estendere – e realizzare – le capacità e i desideri dei suoi abitanti. Per questo il libro di Chen è giustamente definito un vademecum, particolarmente utile in una fase in cui la costruzione di nuovi mondi dovrebbe diventare un’opera in capo a una pluralità di soggetti.