Novembre 2025

La sindrome di Marry Poppins

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“Basta un poco di zucchero e la pillola va giù…” 🎵

Tutte le organizzazioni vogliono diventare agili 

O meglio, quasi tutte. Per essere più precisi, quelle molto grosse, internazionali, multinazionali, a cui l’headquarter ha imposto di diventare agili. Quelle che l’agility gliel’hanno spiegate le grandi, grosse, grasse società di consulenza che, una volta che se ne sono andate, hanno lasciato queste organizzazioni in ‘brache di tela’.

Sì perché le società di consulenza fanno più o meno quello che Phil Abernathy mi raccontò con una barzelletta: un topolino si è perso in un immenso campo di grano e non sa come uscirne. Gira e rigira non riesce a trovare una via di uscita fino a quando scorge l’unico albero su cui era appollaiato un piccione. Il topolino si avvicinò all’albero e chiese al piccione di aiutarlo indicandogli la direzione per uscire dal labirinto di grano. Il piccione ci pensò su a lungo, quindi disse al topolino, “ho un’idea migliore! Disegnerò per te una strategia”. Il topolino sorpreso dall’uscita del piccione ne fu lusingato e accettò l’offerta. Il piccione, quindi, decretò “è semplice, fatti crescere le ali così potrai alzarti in volo e uscire dal campo”. “Fantastico” disse il topolino, “ma come faccio a farmi crescere le ali?”. Il piccione prontamente ribatté “io mi occupo di strategia, l’implementazione sono affari tuoi” e volò via. Una volta volata via la consulenza le aziende si rivolgono agli Agile Coach i quali, di solito, sottolineano e ribadiscono di non essere dei consulenti e quindi di non aspettarsi soluzioni pronte.

Vogliamo diventare un’organizzazione adattiva (ma a quale prezzo?)

L’Agile Coach chiede subito al management team perché l’organizzazione vuole diventare Agile e sa benissimo che hanno letto della ricerca del The Economist e MIT che dichiara che le organizzazioni Agile crescono del 37% più velocemente e fanno il 30% in più dei profitti delle organizzazioni convenzionali.

Se si tratta di aziende di sviluppo software conoscono il CHAOS Report, una ricerca sulla stato dello sviluppo del software a livello mondiale che Standish Group conduce dal 1994 e che negli anni 2000 mise in evidenza che più dell’84% dei progetti software veniva ritenuto un fallimento e che i costi di adattamento sarebbero stati troppo elevati per metterci mano. Inoltre più dell’80% delle funzionalità erano totalmente inutili, non sarebbe mai state utilizzate, ma avrebbero sicuramente rallentato la velocità di funzionamento del software, all’epoca ancora installato sul disco rigido dei PC.

Comunque il management risponde all’unisono perché vogliamo diventare un’organizzazione adattiva.

Fantastico, pensa l’Agile Coach, mentre è intento a sottolineare e ribadire che esistono però dei prerequisiti essenziali. Quali?

Eccoli, li chiamiamo fattori critici di successo, come piace al management:

L’ossessione per il cliente.

Parlo di ossessione non di orientamento al cliente. Il cliente è da dove si parte e dove si finisce. Il cliente stabilisce che cosa ha valore e cosa no. Per capirci cito un esempio. Haier, azienda cinese che fabbricava frigoriferi scadenti per il mercato cinese, risorta nel 1984 orientandosi alla qualità e all’ossessione per il cliente. Quando scoprì che in una regione della Cina erano richieste un eccesso di riparazioni di lavatrici, andò sul posto ad indagare (genchi genbutsu in giapponese: vai a vedere di persona). Scoprì che i contadini usavano le lavatrici per lavare le patate. Al posto di diffidarli da quell’uso poco corretto del macchinario, come avrebbe fatto qualsiasi organizzazione convenzionale con minaccia di sospensione della garanzia e del servizio di riparazione, costruirono una lavatrice apposta per lavare le patate. Oggi Haier è una multinazionale leader mondiale del bianco.

L’autonomia di persone e team.

L’autonomia è un fattore fondamentale nel mindset Lean Agile. Possiamo affermare, in estrema sintesi, che l’agility organizzativa consiste nello spostare decisione e controllo al livello operativo il più basso e delocalizzato possibile. Questo significa autonomia di persone e team. Tutte le aziende estremamente adattive, anche se non si dichiarano agili, ma lo sono di fatto, sanno che senza autonomia di persone e team non si ha responsabilità. Sanno anche che questa autonomia comporta il vincolo di condividere le decisioni con coloro sui quali queste decisioni avranno un impatto per ottenere un miglioramento complessivo che porta vantaggio a tutti. Questo significa creare dei meccanismi perché ciò possa avvenire. Le aziende convenzionali amano la parola empowerment. Ma è un concetto limitante poiché comporta il dare potere a chi non ce l’ha. Comporta la delega e l’autonomia non prevede la delega, prevede di avere il potere.

Slow Down to Go Faster.

Fermarsi per pensare prima, pianificare, preparare ed eseguire velocemente. Poi, di nuovo, fermarsi per riflettere su ciò che si è fatto allo scopo di migliorarlo nella iterazione successiva. Questo implica una ciclicità focalizzata sui problemi e la loro soluzione definitiva risalendo alla causa radice del problema, in piena contraddizione con le organizzazioni convenzionali che evitano i problemi e quando arrivano li risolvono frettolosamente mettendo una bella pezza. Inutile dire che il problema si ripeterà all’infinito creando la figura del ‘pompiere’, molto stimato e premiato in queste organizzazioni. Ma questo atteggiamento inalza il livello della variabilità (mura in giapponese), che causa sovraccarico (muri), che genera sprechi (muda) ed ecco creato il circolo vizioso delle urgenze/emergenze, spesso creato proprio dai ‘pompieri’. Il problema delle organizzazioni convenzionali è che sono orientate esclusivamente al FARE focalizzate sui risultati di output, in questo modo queste organizzazioni si condannano a fare sempre e solo le stesse cose, si condannano a non poter cambiare. “Se avessi a disposizione sei ore per abbattere un albero, ne passerei quattro ad affilare l’ascia” Abraham Lincoln.

La regola 94/6. “Il 94% della variazione nelle performance è dovuto al sistema e solo il 6% al fattore umano” W. Edwards Deming.

Occorre cambiare il sistema, non le persone. La conseguenza è che alle persone deve essere data l’autonomia di cambiare il sistema, quindi i processi, il loro modo di lavorare. Naturalmente vi sono diversi approcci per farlo. Altra conseguenza è che se non cambia la struttura dell’organizzazione nel tempo non cambia il sistema. Quindi bisogna essere consapevoli di questo. Ulteriore conseguenza è che anche il comportamento dei manager cambia e quindi devono essere formati e preparati. Che il miglioramento continuo, alla base delle organizzazioni adattive e fondato sulla focalizzazione sui problemi, è un’attività quotidiana, non una tantum.

No, non basta un poco di metodo

Sottolineato e ribadito tutti questi quattro concetti all’organizzazione che mi ingaggia, ma non ci metto molto a capire che credono fermamente di aver assoldato Marry Poppins e che pensano che i suoi poteri magici saranno in grado di trasformare l’intera organizzazione in un batter d’occhio senza cambiare la struttura dell’organizzazione, senza toccare il comportamento dei manager, senza argomentare sulla costituzione dei team top down, su criteri poco comprensibili e spesso aleatori, senza mettere in discussione gli obiettivi dati ai team dal top manager, senza poter chiedere ai team di fermarsi a riflettere perché il management chiede risultati di output in tempi brevi, senza fare la fase di chartering e costruire l’architettura collaborativa basata sulla sicurezza psicologica, così poco presente nelle organizzazioni convenzionali.

Ed è in quel momento che inizia il ritornello:

Basta un poco di metodo
E Agil diventerai
E Agil diventerai
Basta qualche strumento
E ogni problema sparirà
Basta qualche rituale
E tutto sarà più semplice e seren
Dovrai capir
Che il trucco è tutto qui:
Basta un poco di metodo
E agile diventerai
E l’azienda brillerà di più!’

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