Una vecchia commedia di Eduardo De Filippo, non una delle più famose, si intitola La paura numero uno. L’ha scritta nel 1950, all’epoca in cui i giornali di mezzo mondo si chiedevano se ci sarebbe stata una guerra calda (non era ancora fredda) tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, e il timore della catastrofe nucleare era altrettanto diffuso di quanto lo sarebbe stato nel 1962 con la crisi di Cuba.
Il protagonista, Matteo Generoso, di professione amministratore di condominio, è angosciato dalla lettura dei giornali, non lavora più, non fa altro che pensare alla guerra che scoppierà, finché il cognato escogita un trucco per tranquillizzarlo. Crea una finta trasmissione radio in cui un annunciatore (in realtà il fidanzato della figlia) dice che la guerra è scoppiata, ma non tra Stati Uniti e Unione Sovietica, bensì tra tutti gli stati del mondo contro tutti gli altri stati, per un totale di circa 21.000 dichiarazioni di guerra che proprio in quel momento gli ambasciatori del mondo intero si stanno scambiando tra loro.
La conclusione, spiega il cognato dopo la fine della finta trasmissione, è che sì, siamo in guerra, dopotutto l’ha detto la radio, come fai a non credere alla radio, ma siccome è una guerra di tutti contro tutti vuol dire che nessun esercito partirà, la gente andrà ancora a fare la spesa, al sabato sera andrà al cinema e a ballare, e insomma tutto continuerà come prima. Matteo Generoso ci crede, si convince di aver avuto ragione, si calma e si limita a riempire la cantina di provviste bastanti per mesi, giusto perché non si sa mai, e a comprare milleduecento rotoli di carta igienica più dieci paia di bretelle, visto che lui la cintura non la mette.
La situazione presentata nel primo atto della commedia è simile, in modo preoccupante, a quella dell’elettorato che voterà per Donald Trump. In uno dei suoi recenti comizi, oltre a dire che l’America sta sprofondando nella miseria più nera e che le orde dei migranti al confine hanno trasformato gli Stati Uniti nel bidone della spazzatura del mondo intero, Trump ha anche detto che la benzina costa 8 dollari al gallone.
Ora, l’ultima volta che io ho fatto il pieno, pochi gorni fa, ho pagato la benzina 2 dollari e 79 centesimi al gallone (un gallone equivale a tre litri circa). Una decina di giorni prima, nello stesso luogo, l’ho pagata 2 dollari e 52 centesimi. Il prezzo della benzina fluttua tutti i giorni, è stabilito internazionalmente e il Presidente degli Stati Uniti non ha il potere di cambiarlo, ma è almeno da un anno che alla mia solita stazione di servizio il prezzo non sale sopra i 3 dollari. È vero, io ho fatto un pieno di normale, non di super, e in Texas la benzina costa meno che in altri stati. Dove si sono più tasse, come in California, si arriva a costi più alti, ma al momento non c’è nessuno stato in cui la benzina costi 8 dollari al gallone.
Cosa succede dunque nella mente di chi ha già deciso di votare Trump? Mettiamo che quell’elettore viva in Texas – uno stato dove Trump riceverà una valanga di voti – e che abbia fatto benzina alla stessa pompa dove l’ho fatta io. Per il personaggio creato da Eduardo, il fatto che la gente vada al mare e al ristorante, compri nei negozi e si diverta è la prova che siamo in guerra e che tutti si comportano come se non ci fosse un domani. Allo stesso modo, per l’elettore di Trump il fatto che la benzina costi 2,79 è la prova che ne costa 8. Il cittadino è angosciato, così non si può andare avanti, per tranquillizzarsi deve eleggere Trump, perché Trump ha detto che la benzina costa 8 dollari e Trump è come la radio nel 1950. Intanto, sarà meglio fare il pieno subito perché non si sa per quanto tempo la benzina sarà a 2,79.
C’è una vecchia barzelletta ebraica in cui un commerciante dice a un altro che andrà a Łódź per un viaggio d’affari, al che l’altro ribatte: “Perché vuoi farmi credere che andrai a Łódź quando so benissimo che andrai a Łódź?” In altre parole, l’elettore di Trump sa benissimo che la benzina costa 2,79, ma perché i democratici vogliono fargli credere che costa 2,79? La dissonanza cognitiva che sprigiona dalla storiella rispecchia ciò che accadrà nei prossimi giorni. Se Trump verrà eletto, lo sarà in gran parte grazie agli elettori che sono spaventati dall’aumento dei prezzi degli alimentari (che è reale, è serio, ed è una conseguenza del Covid e dei successivi disguidi nelle catene di fornitura, anche se ormai è più contenuto di come lo descrive Trump), così come il signor Generoso era spaventato dalla guerra. Ma quando Trump dice che la benzina costa 8 dollari al gallone non spaventa i suoi elettori, anzi li rassicura, così come il signor Generoso si rasserena quando gli dicono che la guerra c’è davvero. Al contrario di Kamala Harris, Trump non ha mai detto, neanche una volta, che farà qualcosa per abbassare i prezzi. E se ne guarda bene. I suoi elettori non vogliono sentirsi dire che porterà il prezzo della benzina a 2.79. Vogliono sentirsi dire che la benzina è a 8 dollari e allo stesso tempo pagarla 2.79. Vogliono la fine del mondo, ma una fine del mondo in cui tutto continua come prima.