Novembre 2024

Norman Muller, Grande Elettore. Pastiglia elettorale n. 4

L’elettore indeciso è come quelli che comprano i regali di Natale la sera della vigilia

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È il 4 novembre 2008, il giorno in cui si elegge il prossimo presidente degli Stati Uniti. Siamo a Bloomington, nello stato dell’Indiana. Il signor Norman Muller, commesso di un supermercato, è nervoso perché proprio l’Indiana sarà lo stato in cui si decideranno le elezioni, mentre la moglie Sarah è molto eccitata all’idea che proprio suo marito possa essere scelto come Grande Elettore. Norman non lo ritiene per nulla probabile, ma tutto quell’affaccendarsi intorno a lui lo preoccupa. È sempre stato un uomo tranquillo e non ha mai pensato di diventare chissà che. Adesso però ci sono i computer che calcolano, fanno previsioni, collimano i dati relativi alle preferenze della gente, alle loro aspettative. Hanno i loro profili, e di sicuro hanno anche quello di Norman Muller.

È stato verso la fine di ottobre che la situazione è peggiorata. C’erano agenti del Servizio Segreto in giro per Bloomington. Non ce l’avevano scritto in faccia, ma non era difficile riconoscerli, così come era facile prevedere che il Grande Elettore dell’Indiana sarebbe stato scelto proprio a Bloomington. Finché accade: l’agente Phil Handley bussa alla porta di casa Muller. È lui il prescelto, è lui che dovrà dare il suo voto. Nei due giorni che mancano al 4 novembre, nessuno, in casa Muller, potrà uscire o comunicare con nessun altro. Gli agenti del Servizio Segreto, che ora stazionano in casa, si occuperanno del necessario. Muller è angosciato, dal suo voto dipende il destino del Paese. Già in passato è accaduto che i Grandi Elettori abbiano votato un presidente che poi è stato odiato. Ma la moglie non desiste. È la tua grande occasione, ripete al marito. Ti basta adempiere il tuo dovere civico e sarai famoso, ti intervisteranno, andrai in televisione, finalmente arriveranno un po’ di soldi.

Infine, giunge il giorno delle elezioni. È l’ora di andare. L’agente Handley scorta fuori casa il signor Muller, depresso ma rassegnato. Per ragioni di sicurezza lo fa salire su un carro armato che lo porta a un tunnel sotterraneo il quale, a sua volta, sbuca in un ospedale dove lo aspettano tre scienziati che gli applicano degli elettrodi al corpo, collegandolo in remoto a un computer gigantesco, sepolto in un luogo segreto, che gli manderà delle domande scritte alle quali Muller dovrà rispondere. Le domande saranno tra le più varie, ma non riguarderanno minimamente la campagna elettorale in corso. Il computer potrebbe chiedere a Muller cosa ne pensa della qualità della nettezza urbana nella sua città, se preferisce lo smaltimento o gli inceneritori. Potrebbe chiedergli se ha un medico personale o un’assicurazione sanitaria pubblica, o che opinione si è fatto della scuola che frequenta sua figlia. 

Nemmeno le risposte saranno importanti; il computer baderà piuttosto all’intensità con la quale Muller vorrà rispondere. Gli elettrodi registreranno la pressione sanguigna, la conduttività della pelle, l’emanazione delle onde cerebrali e le reazioni delle ghiandole sudorifere. Sulla base dell’espressione fisiologica dei sentimenti e delle emozioni, il computer determinerà il voto del signor Muller. Non solo per questo o quel candidato presidenziale, ma anche per tutte le migliaia di elezioni locali che in quel giorno sono in corso negli Stati Uniti, dal consiglio comunale di Phoenix in Arizona a quello di Wilkesboro in North Carolina. Sarà quello che “sente” Norman Muller, commesso di supermercato, a decidere il futuro dell’America.

La prova dura tre ore. Al termine, Muller non sa per chi ha votato, né gli viene detto. Ma il computer lo sa, e lo renderà noto non appena gli scienziati avranno terminato di verificare i dati. Muller è stanco, ma poco per volta comincia s sentirsi orgoglioso, un vero patriota. Grazie a lui, il popolo degli Stati Uniti ha esercitato ancora una volta il suo libero diritto di voto.

No, le cose non sono andate proprio così il 4 novembre 2008, il giorno in cui è stato eletto Obama. Sono andate così, invece, in un racconto intitolato Franchise (Diritto di voto) scritto da Isaac Asimov nel 1955 e compreso nella raccolta Earth Is Room Enough (La terra è grande abbastanza, Editrice Nord, 1984). Diritto di voto fa parte di un ciclo di sedici racconti nei quali compare in modo diretto o indiretto il computer Multivac (variante asimoviana di Univac, nome di uno dei primi computer). A noi non resta che collegare i fili che Asimov ci ha lanciato e verificare quanta parte della sua distopia si è avverata.

Innanzitutto, chi è Norman Muller, scelto via computer come “rappresentativo” dell’intero popolo americano? È un “Norman”, è normale, è la norma, ed è l’elettore indeciso, l’undecided voter, o forse il low-informed voter, l’elettore poco informato, quello che alle domande dei sondaggisti risponde che prima di decidersi su quale candidato votare “deve saperne di più”. L’elettore indeciso è come quelli che comprano i regali di Natale la sera della vigilia; di più, è il mistero, l’animale strano, l’unicorno, la balena bianca, la pantera profumata di cui le campagne elettorali vanno in cerca senza mai riuscire a stanarlo.

E che cos’è Multivac? È l’algoritmo che filtra la semiosfera, che decodifica l’infinita massa dei dati che le imprese, i media e i social media possiedono di noi, al fine di rendere prevedibile e computabile una scelta che l’elettore indeciso non sa fare o non sa di aver già fatto. E a dire il vero non c’è neanche bisogno che decida. Sono le sue emozioni, le sue idiosincrasie, i suoi sentimenti, le sue “percezioni” a decidere per lui.

Una delle domande che Multivac rivolge a Muller, anzi l’unica che poi Muller si ricorda, è: “Che cosa ne pensa del prezzo delle uova?”. Questo in un immaginario 4 novembre 2008. Al momento attuale, negli Stati Uniti, in un vero 5 novembre 2024, il prezzo medio di dodici uova è di 3 dollari e 82 centesimi, il 40 per cento in più di quello che era un anno fa. Ma ora è sceso; qualche mese fa era arrivato a 5 dollari. La colpa non è di Joe Biden; è dell’influenza aviaria che negli ultimi due anni ha decimato il pollame e ha pure ridotto le dimensioni delle uova. Ma gli elettori di Trump menzionano spesso il prezzo delle uova come prova del fallimento della presidenza Biden e della totale incompetenza di Kamala Harris. Se Norman Muller di Bloomington, Indiana, Grande Elettore Indeciso, ha risposto a Multivac che è colpa dei democratici se il prezzo delle uova è troppo alto, sappiamo in che direzione sono andate le elezioni.