Leggo, un po’ ovunque, commenti che sbeffeggiano il Ministro Giuli, reo di supercazzola reiterata. La mia simpatia per il Ministro è pari a zero, ma Giuli non è affatto un erede del Conte Mascetti. Esprime, anzi, con proprietà linguistica e semantica, un pensiero evoliano, con sfumature jüngheriane e drieularochelliane, inframezzando il tutto, in una sorta di impossibile cortocircuito, con una cultura aziendalista. Giuli è, cioè, il portavoce di una nuova estrema destra o di quel movimento politico inafferrabile che ha assunto anche il nome, sul finire del secolo, di Nouvelle Droite, il cui più noto ideologo è stato Alain de Benoist.
Si tratta, in fondo, di una rivisitazione, post-globalista, di vecchie teorie e movimenti della destra più radicale, quella, per intenderci, ancora più a destra di Almirante & co. (di quest’ultima è erede, non Giuli, ma il primo Ministro Meloni e il Presidente del Senato, Ignazio La Russa, anche se questi ultimi del rigorismo almirantiano conservano poco e nulla, avendo sciacquato i panni nell’Arno, linguistico e concettuale, di Maria de Filippi). Quella di Giuli è una destra, per molti versi, culturalmente più raffinata e accorta e, di conseguenza, potenzialmente più pericolosa.
Quando Giuli, facendo scompisciare tanti della sinistra, pronuncia una frase come questa –“Dobbiamo riaffermare la centralità del pensiero solare, il punto d’incontro tra la rigidità delle ideologie, della battaglia delle idee che si discioglie nella luce meridiana dello spirito mediterraneo” – non è in preda a un delirio glossalico.
Questa frase, pronunciata a Francoforte (alla Buchmesse, un luogo di cultura), è infatti una frase totalmente sensata nella tradizione di pensiero nel cui solco si pone Giuli: significa, molto semplicemente, che, a suo avviso, esiste la possibilità, data ai paesi dell’Europa latina (poiché, probabilmente, per lui il Mediterraneo è solo greco-romano), di un pensiero che vada oltre le rigidità ideologiche del Novecento.
Dove vada, questo pensiero post-ideologico e mediterraneo, possiamo immaginarlo. (Mi si permetta una digressione lunare e ideologica: si spera che la società civile, quella fondata sulla convivenza e lo scambio tra tutti i popoli, non solo del Mediterraneo, ma anche di quelli, per esempio, che sui fondali di quel mare hanno trovato e quotidianamente trovano la propria sepoltura, farà il possibile affinché la battaglia di idee sia sempre viva, in disequilibrio e mai si disciolga in una luce meridiana).
Ma quel che più fa riflettere nell’affaire Giuli è l’ilarità che scatena nella società civile, tanto di destra, quanto di sinistra (ilarità talmente bipartisan da far ipotizzare che destra e sinistra, nella vita reale, siano solo etichette di facciata). È un’ilarità, per molti aspetti, ancor più preoccupante dell’evolismo d’accatto del Ministro. Si tratta, con ogni probabilità, di un sintomo dell’avvenuta distruzione di ogni tessuto politico e di ogni dimensione della parola politica che vada oltre lo slogan e il mangime linguistico oppiaceo per il popolo bue.
Che nessuno (o quasi) all’interno del mondo politico riconosca e, ancor meno, comprenda le parole di Giuli risulta veramente inquietante. Come anche aberrante e oltremodo inquietante è che si possa pensare che un Ministro della Cultura debba rivolgersi a una commissione parlamentare o alla platea dei maggiori operatori culturali d’Europa con un linguaggio semplificato, perché altrimenti denoterebbe, non tanto spocchia o inutile sfoggio di cultura, ma supercazzolismo, cioè proferazione di parole incomprensibili e prive di senso. Il nichilismo, la dissoluzione di ogni dimensione di pensiero, l’affermazione della necessità di una pura comunicabilità, la riduzione dello spazio critico democratico a pura demagogia consensuale, l’appiattimento del confronto d’idee su una spettacolarità usa e getta sono terribilmente più pericolosi del contenuto cripto-ultra-conservatore del Ministro.
Viene davvero da pensare che verremo tutti travolti dalla nostra stupidità. Murati vivi tra le pareti luminose dell’idiozia condivisa, ma ilari. Non il fascismo, non i totalitarismi, non il disastro ambientale, non le diseguaglianze sociali, non la sofferenza insostenibile di molti popoli e di molti individui, non le guerre – sarà una semplice e infinita risata a seppellirci.